venerdì 17 gennaio 2014

Nazioni che rischiano la bolla immobiliare

Mappa che rappresenta le nazioni che rischiano la bolla immobiliare pubblicata da Max Fisher sul Washington Post e basata sulle previsioni di Nouriel Roubini..
Viene fatta la distinzione fra le aree con un generico rischio di bolla immobiliare ele aree in cui ciò potrebbe avvenire nelle maggiori aree urbane.
Non ci sono gli Stati Uniti, in cui la bolla immobiliare è esplosa nel 2007-2008.
Clamorosamente non c'è l'Italia con i prezzi degli immobili al ribasso (un 7% nel 2011, un 20% nel 2012 primo anno di IMU, un 5% nel 2013).
Ci sono invece Francia e Germania dove l'edilizia ha retto la botta subprime USA / speculazione finanziaria meglio che in Italia.
Le 17 nazioni a rischio sono: Svizzera, Svezia, Norvegia, Finlandia, Francia, Germania, Canada, Australia, Nuova Zelanda e l'area metropolitana di Londra, Hong Kong, Singapore, Cina, Israele, e le maggiori città della Turchia, Indonesia, India e Brasile.
Quindi paradossalemtne il lento crollo del costo degli immobili è visto come un fattore positivo dalla fiannza, poichè allontana dalla bolla speculativa e dal rischio di crollo improvviso da alti a bassi valori di mercato.
Questa opinione ovviamente contrasta con chi lavora nel settore e non può di certo aspettare 10 anni per tornare a guadagnare in modo coerente col il costo della vita nella "nazione di residenza" e per cui è difficile riciclarsi in altre tipologie di lavoro, nell'attesa che il mercato riparta.
Di certo in Italia non esistono società o studi di progettazione polivalenti, sintomo di quel sistema criticabile che può essere descritto come "aziende On-Off", per cui comprendo più settori, diversificando, quando un settore è in crisi comune un flusso di cassa è offerto dalle altre tipologie di lavoro svolte dall'azienda/studio di progettazione.
Tuttavia ciò che risulta più soprendente nei discorsi citati dal Washington Post è la mancanza di qualsiasi considerazione relativa al risparmio ed efficienza energetica, ambito di rivalutazione del valore dell'immobile in funzione locale e globale (locale per i risparmi ed il benessere di chi ci vive, globale per i costi di importazione di energia primaria dall'estero della nazione), capace di rilanciare dei settori produttivi (costruzione ed installazione di impianti) clamorosamente ancora rimasti in Italia (la CGIA di Mestre segnala 27 mila imprese fuggite all'estero dal 2000 al 2012, rendendo positivo il PIL di altre nazioni con produzioni non più italiane).
Da questo punto di vista risulta assurdo paragonare l'India alla Germania (paese che investe in efficienza energetica e rinnovabili da anni), l'Italia agli Stati Uniti od alla Russia, la Turchia al Canada od all'Indonesia, ecc...
La sola analisi dell'andamento dei prezzi è riduttiva per prevedere le ipotesi di valore future; ma forse gli articoli di economia servono a questo: convincere tutti gli altri ad andare da una parte, mentre si investe dall'altra.





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