mercoledì 20 novembre 2013

Cementificazione responsabile delle alluvioni

A seguito dell'ennesima alluvione, nel web impazzano discussioni sulla cementificazione e sui cambiamenti climatici, come causa di eventi catastrofici eccezionali.
Sul fatto che il clima stia cambiando nessuno può obbiettare alcunchè.
La sequenza di questo mese che ha visto un uragano di categoria 5 nelle Filippine spazzare via edifici e popolazione, 81 uragani nel Midwest spazzare varie contee e cittadine in un periodo in cui solitamente non si creavano (nel Midwest in genere fenomeni di questa portata si verificano in primavera) e i 400 mm di acqua piovuti in Sardegna per la tempesta pefetta (alias bomba d'acqua per i giornali) che si è abbattuto sull'isola, non danno adito a dubbi, così come eventi eccezionali quali l'uragano diretto verso New York sono fenomeni eccezionali con tempo di ritorno di 500 anni che in passato hanno devastato questi continenti,  quali fanno pensare ad un mutamento dell'equilibrio del clima.
Solo di recente, l'espansione delle capacità computazionali ad ordini di grandezza di 1-10 petaflop ha permesso di prevedere l'accadimento di simili eventi eccezionali, stimando le forze in gioco senza riuscire ovviamente a dare una stima precisa di ora e luogo ove si sarebbero verificati.

Tuttavia andando a riscoprire il mutamento storico degli eventi climatici si scopre che anche nel passato c'erano alluvioni, siccità, innalzamenti od abbassamenti del livello del mare.
Cronache narrano come in taluni periodi di siccità si arrivò persino a coltivare la vite a Londra, mentre in periodi più freddi la bassa produzione del raccolto (mancanza di fertilizzanti tipici dell'agricoltura moderna) provocava carestie catastrofiche nel centro e sud europa.
Resti romani sono seppelliti sotto metri di terra alluvionale, non perchè un giorno il proprietario di una domus si sia inventato di ricoprire di terra casa sua.
Resti di villaggi o dinosauri a volte vengono ritrovati nei lidi costieri, poichè per l'innalzamento del mare, terra di poco sopra il livello delle acque è stata inghiottita dopo millenni di innalzamento del medio mare.

Ma se già in passato c'erano le alluvioni e non c'era il cemento, perchè oggi questo materiale costruttivo sarebbe responsabile delle alluvioni?
Dalle discussioni che gente comune sviluppa pur avendo scarse conoscenze di costruzioni idrauliche, sistemi di bonifica o risistemazione fluviale, l'idea comune è che il cemento sia impermeabile all'acqua, quindi a seguito di forti precipitazioni questa non avrebbe modo di fluire nel terreno.
E’ sicuro che di fronte alla furia della natura, c’è poco da fare, ma quando i regolamenti edilizi, le normative urbanistiche ed i rischi idrogeologici vengono ignorati, il problema si complica. Con il Rapporto Ambiente Italia 2011 di Legambiente ed INU, è apparso evidente il disequilibrato rapporto tra le superfici a verde ed il suolo impermeabile...fonte

Questa idea è sbagliata.
Il terreno ha una certa capacità di assorbire l'acqua, in funzione della tipologia di costituenti (ghiaia, sabbia, argilla).
Esaurita la capacità di assorbire l'acqua, il terreno diviene impermeabile al surplus di precipitazione piovosa che cade; basti pensare dopo piogge intense alle pozze d'acqua stagnante sui campi... in alcuni casi rimangono per giorni e molto spesso fanno prima ad evaporare che ad essere imbibite nel terreno.
Un altro esempio a cui fare riferimento può essere quello dei letti dei fiumi, non fatti di cemento, ma comunque capaci di far giungere grosse portate d'acqua a decine o centinaia di km di distanza.

Quindi la cementificazione non è responsabile delle alluvioni per permeabilità... ma forse per qualcuno potrebbe essere responsabile delle alluvioni per il trasporto dell'acqua.

Anche in questo caso si può notare come il cemento abbia un coefficiente di scabrezza superiore rispetto alla terra erbosa.
Da ciò ne consegue che l'acqua può raggiungere velocità maggiori su una superficie cementata piuttosto che su una superficie erbosa, ovvero può far defluire portate maggiori in una medesima sezione (larghezza su altezza del tirante d'acqua) oppure sezioni più piccole a parità di portata (per così dire un minore innalzamento della profondità dell'acqua o del tirante d'acqua).
In altre parole l'esatto contrario di quanto si vuol far credere sostenendo che la cementificazione crea alluvioni.

Quindi il bandolo della matassa non è la cementificazione in se, ma altre caratteristiche del costruito umano quali:
1) il semplice scarico a gravità delle reti fognarie
2) il dimensionamento
3) la riduzione della capacità degli alvei di scaricare e/o la mancata conoscenza delle aree alluvionali

Le reti fognarie funzionano a gravità, in questo modo si hanno costi di scarico ridotti per non dover spingere l'acqua con qualche mezzo meccanico o che richieda energia.
I bacini che ricevono quanto raccolto nel territorio sono gli stessi che in grandi fenomeni convogliano l'acqua proveniente da altre aree con forti precipitazioni.
La raccolta delle acque avviene sia che la pioggia casa in aree agricole, sia che cada in aree cementificate.
Il direzionamento del surplus d'acqua verso bacini di raccolta può rilasciare il liquido in uno o più punti.

In situazioni di forte pioggia si ha tutta la rete fognaria carica d'acqua da smaltire in un bacino egualmente innalzato di livello, con l'ovvia conseguenza che non sia più possibile lo scarico a gravità, o peggio in alcuni casi la quantità d'acqua del livello del bacino superiori la quantità d'acqua raccolta dalla fognatura, col risultato che la fognatura inverte il suo ciclo di funzionamento espellendo liquidi provenienti dal bacino.
Generalmente taluni credono che la colpa sia della cementificazione che convoglia l'acqua dai tetti e dalle aree cementificate ai bacini...
In realtà con 40 cm di pioggia caduta il terreno comunque non sarebbe in grado di smaltire tali quantità d'acqua, anche se la precipitazione cadesse sul terreno piuttosto che sui detti o sul cemento.

Quello che invece avrebbe senso è l'esecuzione di bacini di espansione (in altre parole volumi incassati fra argini, in genere su superficie agricola) e vasche di limazione che raccolgano parte della piena, rilasciando il volume d'acqua nel tempo, tenendo relativamente basso il livello del bacino su cui versano le reti fognarie e permettendo così che non vi siano rigurgiti dell'acqua dal bacino alla città.
Tuttavia tali bacini richiedono spazio da allagare, ove non si può edificare; tutt'al più con appositi incentivi, le aree delle casse di espansione possono essere utilizzate come terreno agricolo.
Il problema non è la cementificazione, bensì la pianificazione territoriale, in tutta probabilità un costo pubblico considerato superfluo dallo Stato.
Negli ultimi decenni in molti territori si è assistito ad un processo di espansione delle reti stradali, spesso a discapito dei fossi.
La rete dei fossi, pur con una sezione ristretta, applicata a centinaia di km di canalizzazione costituiva di per se un bacino di espansione, ove incanalare parte dell'acqua, raccogliendola dal territorio e rilasciarla lentamente nel tempo.
Tale bacino di espansione dal costo nullo perchè costruito in centinaia d'anni di coltivazione dei campi richiedeva una manutenzione, più che la tombinatura (chiusura del sistema in un canale di scolo chiuso).
Inoltre si deve notare come un fosso aperto con tirante libero costituisca di per se la possibilità di allagare i campi con un eccessivo innalzamento del pelo libero d'acqua, più che un tubo chiuso, la cui sezione è soggetta a limiti d'area.

Il dimensionamento delle reti fognarie viene fatto per eventi con tempo di ritorno 30 anni, non per eventi superiori (i sottopassi un tempo di ritorno di 50-100 anni).
Se ogni 30 anni viene una pioggia superiore alla media, tale da allagare una città, ci vuole così tanto tempo che si verifichi nuovamente il fenomeno che può essere considerato accettabile il danno che può provocare alle cose.
Tuttavia nel tempo una rete fognaria può subire intasamenti, perdere in parte capacità defluente, motivo per cui val bene investire in manutenzione.
Inoltre una fogna è un sistema fisso, dimensionato decenni prima o cresciuto nel tempo con l'aumentare della città, cosa che si scontra con un clima instabile che sta portando sempre più da fenomeni moderati a scrosci d'acqua intensi.
Anche in questo caso servono investimenti per stare al passo dell'evoluzione del clima.
Si può notare come l'investimento in energie rinnovabili per evitare cambiamenti climatici abbia un rientro di spese di ampio spettro che comprende costi ben superiori e diffusi.

Altro aspetto che influsce nel rischio alluvioni è la costruzione in ambiti specifici a rischio:
a) depressioni ove l'acqua tende a stagnare
b) costruzione in ambiti che possono soffrire di esondazioni di bacini (generalmente dei fiumi)
c) la riduzione delle aree golenali capaci di accumulare grandi quantità d'acqua aumentando la sezione del fiume, o la mancata cura delle sponde/golene con presenza di elementi vegetali d'altofusto che possono essere sradicati e trasportati o peggio la riduzione del fiume alla sola sezione d'alveo.
In quest'ultimo caso si può notare come un fiume con alveo e golena è costituito da un filone di corrente centrale veloce, capace di far defluire grandi quantità d'acqua ed uno con corrente più lenta sulle golene, capace di far da cuscinetto all'erosione delle sponde/argini che provocherebbe il filone di corrente veloce dell'alveo.
Un fiume fatto solo con un alveo, da un lato ha velocità maggiori, tali da trasportare un maggior flusso d'acqua accumulandone poca, ma dall'altro ad ogni variazione del percorso ha corrente forte che sbatte contro gli argini, mettendo a rischio la stabilità del letto del fiume.
Rotti gli argini il nuovo percorso di un fiume potrebbe allagare città o travolgere abitazioni.

Anche in questo caso, non necessariamente la cementificazione influisce sulle cause che complicano la gestione delle piene nei bacini e nei corsi d'acqua, così come la gestione del rischio passa per investimenti necessari al fine di risolvere le criticità prima che si verifichino.
Dall'altra parte regolamenti edilizi e leggi impongono vincoli, come per esempio il divieto di costruire nelle golene o per esempio i vincoli di distanza dagli argini per problemi di filtrazione.
Ulteriori problemi sorgono con i vari condoni edilizi (non la cementificazione, ma il lascitismo a favore della costruzione incosciente) che infrangono tali regole o con la presenza di un patrimonio storico architettonico creatosi prima che tali divieti venissero emanate.
Si torna ancora alla pianificazione territoriale, la quale dovrebbe agire per gestire il territorio in modo coerente e scientifico, piuttosto che stupirsi dopo che l'alluvione sia avvenuta.


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